mercoledì, gennaio 22, 2014

storia breve viaggio

Dopo varie notti insonni, raffreddamento, mancanza d'aria, nel pallone, confuso dal caldo quasi insopportabile della stanza asfittica e il fresco ghiacciato, nero inquinato della città, finalmente l'occasione di fuga, un treno per raggiungere lo stato confinante.

Centro di Tallinn - città vecchia

Poco fà, ero all'aperto, coperto da un sottile costume da bagno, vedevo un cielo scuro e pioveva, una pazzia, separato da un vetro con la strada, senza tetto, all'aria ghiacciata tra +1 e -2, pioggia misto neve. Immerso in una piscina d'acqua calda a 35 gradi,mi domandavo come mai la mia fantasia mai avrebbe immaginato un evento simile?

Avrei mai potuto camminare bagnato fradicio, uscito dalla piscina, praticamente nudo, attraversare 5 metri a -1, senza morire ?
Nella mia fantasia questo non era prevedibile e dato, nemmeno immaginabile. Tante cose non erano immaginabili, possibili, eppure accadono, non perché io o voi siamo limitati o impotenti.Qui le parole subiscono ambiguità tra cosa immaginiamo, cosa sia possibile, che cosa realizzabile .
Per esempio, credevo fosse possibile prendere un tram, un treno, un mezzo pubblico (eccetto metropolitana) senza avere conoscenza dei numeri, leggendo i cartelli in cirillico, bene, era mia pura fantasia. Senza una guida, senza che qualcuno chieda,dove vada il tal autobus, si finisce nell'ignoto e forse senza ritorno. Sui cartelli non si capiscono le destinazioni, il sistema è fatto cosi e non lo cambiano certo per un visitor.

Sono migliaia le cose scontate che non lo sono, quando lasciate il vostro paese per l'ignoto; ho ancora le immagini dell'atlante con le bandiere degli stati, le descrizioni sommarie e le foto caratteristiche dei paesaggi. Vado in quel paese e cerco quella foto, la trovo solo nei negozi di souvenir (parola internazionale) .

Anche le persone, i loro caratteri, sfuggono alla mia completa comprensione, anzi restano un affascinante mistero. Mi viene in mente questa canzone ascoltata decine di volte seduto al "coffecompany café",nome della catena;"Last Christmas, I gave you my heart/But the very next day, You gave it away/This year, to save me from tears..". Non avevo mia riflettuto su quelle parole, le cantavano due ragazzi inglesi negli anni '80, non ne capivo il  significato, qualche volta, meglio non capire, non sapere. Anche questo è positivo all'estero.
Una voce mi diceva che vi sarebbero state almeno due sorprese, un presentimento e una voce, come tale si è avverata. Si sa che l'ultimo periodo dell'anno, per una serie di atmosfere, obblighi, impegni,condizionamenti, molto spesso sarebbe meglio non esistere affatto per 10 o 20 giorni, lasciando che il calendario avanzi e i rumori dei botti lascino posto al più forte silenzio.

Ero ancora immerso nella piscina, il cielo d'argento grigio e i vapori, alcuni riflessi di luce facevano vedere colonne di fumo che si alzavano, anche io avrei voluto dissolvermi per vedere nello spazio che cosa, queste persone, che cosa, avevano fatto dopo inviti, feste, cose scambiate, persone scomparse.
Non avevo rabbia, ma solo stupore e incomprensione, poche ore prima timidi saluti, poi ...il nulla. Perché ?
Il vapore disperdeva i miei pensieri, questo era un sogno, essere arrivati a Tallinn, non fermato alla frontiera e segregato in qualche prigione, aver trovato un albergo economico ma con il necessario e in ultimo  finire "lessato" e congelato nella Spa, le acque azzurre, le temperature, le saune.
Le case diverse, le mura medievali, la città vecchia conservata con cura, una specie di villaggio dove anche i costumi di alcuni restano al 1700. Turismo, governo, ambasciate, ristoranti, l'arredo in legno e la continuità di stile ovunque.  Più di un momento mi sono chiesto in che secolo fossi.

Ho preso due volte il tram per vedere la città,  in realtà attraversando e circumnavigando solo una parte, con un ferro leggero che correva tra i binari, attraversando parchi, piccole salite e sterzate violente.Vecchi che cadevano e si rialzavano, poi con cenni bruschi al capolinea, scesi i passeggeri in una coltre di neve, isolati, perduti. Le lingue erano tante, le voci, una specie di dialetto nordico, poi l'inglese qualche volta , il russo. Non ho visto ubriachi, ma per due notti, non fa statistica. Ho visto locali ed esempi di architettura minimalista, moderna, funzionale.
Ho visto il porto, negozi, ferry. Tutto questo mentre cadevano gocce di neve, come fosse carnevale, senza rumori, coriandoli bianchi.La notte la città diventava molto interessante perché dietro ogni luce una presenza, una vita, qualcosa, mentre nel freddo circostante tutto pareva svanire.
Le guide turistiche alludono a locali di musica, intrattenimento, burlesque, teatri, pub e altro.
Hanno volti vichinghi, preceduta la risposta alla domanda classica e continua, "ah dimmi come sono le donne ?" , per ora scientificamente provato hanno due occhi una bocca e una testa, tutto quel che si vede vicino al circolo polare, non è fantasia, incartate da numerosi vestiti, sagome ondeggianti. Molte volte ho osservato qualcosa di appeso ai vestiti, una targhetta, mi è sfuggito il significato, forse se trovano il ciondolo appeso, riconoscono la persona dispersa nella neve ?

Loro non sono come noi, forse non lo vorrebbero neppure, noi non vorremmo essere come loro, di qui la continuità delle razze e dei popoli.Anche qui, siamo attratti e meravigliati dalla diversità,  poi non più. Forse è successo proprio così, l'interesse è sparito, nemmeno una parola di gratitudine o di saluto o di spiegazione; loro, non sono come noi.
Nonostante questo e molto altro, non si può scrivere ed è meglio tacere, proprio là c'è qualcosa che affascina, la composizione delle parole e dei significati, la storia, i tanti monumenti del passato, le regge per dimenticare lo squallore antifunzionale di vecchie case, il verde dei parchi per dimenticare tutto l'inquinamento,  i contrasti.
Loro, non sono come noi, all'interno di quelle terre poi ciascuno lo dice al suo vicino, i Russi agli Ucraini, gli Uzbechi ai Dzazechi e altri nomi impronunciabili di popolazioni sparse e ignote. 
Me l'ha detto e ripetuto come un mantra un italiano emigrato laggiù da alcuni anni,aggiunto alla lista dei delusi. Per lui valeva addirittura la parola data, come ai tempi dei Romani, proprio in questa terra, dove a volte è una fatica rispondere e dare parole, spiegazioni, dove il silenzio equivale ad un addio.

L'ultimo giorno a Tallinn, aspettando il treno, nella piazza principale del comune, al piano terra, come una grotta, in pietra ed illuminata da un chiarore di fiaccole, con costumi mediovali, tipo saio francescano e capello largo ed ondulato, la guida ha scambiato alcune parole in russo, il ritmo cresceva e si capiva che non si intendevano pur parlando la stessa lingua, vedevo la frustrazione della persona che chiedeva, poi sono intervenuto io parlando in inglese, ci siamo capiti alla perfezione. Il pasto era una zuppa di non so che cosa, in una brocca di terracotta con vegetali e un po' di salsiccia,bollente, poi c'erano delle piccole focacce con vari gusti, mentre il pentolone nero era alimentato da fiamme di brace.
I posti erano precari su tavoli grossi e traballanti, il pavimento non era piano ma una pietra ondulata, forse noi italiani abbiamo anche inventato il pavimento piano ?
Si , improvvisamente mi chiedo quante cose abbiamo inventato, ancora là non diffuse...
Le tende ? I tubi dentro i muri ? Le finestre in vetrocamera doppie ? Gli infissi di qualità ? I bagni con lavandini più grandi di due mani raccolte a mani giunte ?
Gli attaccapanni da muro ? Le piastrelle ? Gli scuri o le persiane ? I portoni elettrici ? Il caffè crema di caffè o espresso ? Quante e quante altre cose abbiamo inventato, oltre a tutto il cibo ?
Sicuramente anche la mafia.
Qualcuno mi ha chiesto se ero deluso, se il paese era terribile, sicuramente poco accogliente o non attraente, lo si capisce dal personale dei pubblici esercizi e dal suo approccio col pubblico,ma tutto questo non è nulla al confronto di un paese che sovraccarico di storia, tradizioni, comodità, buongusto che non lascia spazio a speranze di vita.

La seconda sorpresa è stata quando ignaro di tutto, ho scoperto dopo quasi due mesi, due ingressi in Russia in tempi diversi, che la scuola alla quale mi ero affidato, anche per l'adempimento delle severe norme di immigrazione, non aveva rispettato la legge, non aveva mai prodotto una sola ricevuta, anzi, mi consegnava la registrazione, dopo numerose mie insistenze, tre giorni prima di rientrare.
Non c'è alcuna possibilità, desiderio di rivalsa, verso coloro che con fiducia ti sei affidato in terra straniera  e loro l'hanno tradita, sicuramente risparmiando in tasse.
Ahi questa mentalità dove ovunque ci sia uno straniero, sia un pollo da spennare.
Queste persone non hanno nemmeno rispetto per la loro reputazione, il loro onore, non sanno, come barbari che cosa sia il valore della fiducia e della continuità negli affari.
 
(Molto di quanto scritto, come un diario, circa dieci giorni fà,ancora all'estero)
 

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