sabato, giugno 29, 2013

La pazzia del tempo o nel tempo


Pochi giorni fà su La7 hanno rimandato in visione un classico, vincitore 5 oscar e varie altre. E' curioso che come tutti i grandi film , "già visti e rivisti", proprio rivisti a distanza del tempo, appaiano cambiati e lo spettatore scopre "nuovi significati".
La storia dello spettatore, la storia della società è nel mentre cambiata e ci confrontiamo con la storia del film e del suo tempo.
Allora l'idea del manicomio e di quelle "trasformazioni" imposte nel cervello con pillole ed elettroshock facevano rabbrividire, trasformavano caratteri, "disciplinavano i violenti", restringevano e controllavano la forza sovraumana del "pazzo", ma...distruggevano anche la sua "genialità", come si vede nelle ultime sequenze, Jack Nicholson.

In un qualche modo, non poteva che riportarmi alle mie vicende personali e domande che pubblico, non per lasciarle cadere nel vuoto, ma sentire una risposta nell'eco del web, dei possibili lettori.

Nella sequenza in questione, lo psichiatra esperto, titolare del caso, conferma la supposizione dei suoi datori di lavoro o responsabili (nel film volutamente non è senza ambiguità) , "lei ci vuole prendere in giro tutti quanti, non ha nessuna malattia mentale, non vuole lavorare". 
Ci sono due tendenze opposte, il sofferente "psichico" che vuole essere ricoverato o curato e il sofferente che non vuole essere curato ne ricoverato, altrettanto speculare, lo psichiatra che diagnostica tutto e tutti come malattia mentale e dispone prescrizioni in quantità industriale, l'altro che anche di fronte a conclamate azioni, prescrive qualche goccia di valium e riposo, ma non ne vuol sentir parlare di ricovero e terapie.
Non posso ne voglio dare alcun consiglio o indicazione, non avendo alcuna competenza in medicina, psicologia etc, solo scambiare qualche esperienza personale.
Oggi ci sono delle "sfumature" nel linguaggio, tra essere o non essere malato mentale, termini estremi, ho sentito "disagio mentale", "sofferenza psichica", "attacchi di panico", "perdita di controllo e/o coscienza","tendenze", "ossessioni" etc.,
 Resta e rimane "la vergogna della malattia mentale", "della diversità", il cambio o il moltiplicarsi di termini, non lo esclude.
Nonostante a parole, accettiamo la possibilità e l'esistenza della dipendenza, della malattia mentale, delle deviazioni, del disagio psichico, tutte queste cose, allontanano automaticamente dal sociale, dal gruppo, dalla reputazione. 
In inglese, sia il matto che lo stravagante,il non-coerente, non conformista, è "lunatic".
Eppure le cronache quotidiane indicano un aumento senza precedenti di atti di lunatici, violenti,
di persone esasperate, di sofferenti mentali etc.
Sono un avido lettore di cronaca, non per farmi gli affari dei singoli, ma semplicemente capire dove va la società intorno, i suoi cittadini, vi assicuro, basta aprire il giornale ogni giorno per trovare casi incomprensibili e sospetti di malattie mentali.
La facile battuta è "hanno chiuso i manicomi e loro sono in mezzo a noi". Ovviamente non è perchè avviene un atto violento e criminale, che automaticamente il soggetto è malato di mente, ma la vicinanza tra i due fattori, violenza e pazzia, fa si che la vergogna della malattia mentale prosegua.
 In tutto questo, senza essere psichiatri o psicologi, criminologi, quelli nella "cerchia ristretta", (tutti possiamo esserlo) familiari, amici, compagni di lavoro, perchè non si cerca la causa o il fatto "impossibile da accettare" che appunto giustifica tali atti ?
Milioni di volte, sono solo rapporti familiari insani, madre-figlio, figlia-padre, suocera-nuora, lavoratore-azienda, etc. Non ultimi i rapporti degenerati di moglie-marito, conviventi, dove la salvezza unica è la separazione, null'altro.
 Oggi esiste il reato di "stalking", ma negli anni sessanta o cinquanta non esisteva ?
Non esisteva l'uomo che non si rassegnava alla fine del rapporto con la moglie o la compagna?
Non esisteva l'uomo che la minacciava, la seguiva ogni giorno, ricattava, calunniava ?
Questo è il classico esempio di cambio di terminologia. 
A nessuno credo piaccia la fine di un rapporto imposto dall'altro, l'abbandono, il no, ma da questo fatto esistono milioni di risposte possibili, alcune "normali", alcune "deviate", altre criminali, altre definite di pazzia.
Francamente ciò che mi insospettisce della psicologia e psichiatria, è la possibilità di imporre una "morale" sulla base di fatti, di analisi, di consulenze, senza vestire l'abito del prete o abbracciare alcuna religione e fede se non nella medicina. "La tua mente è sana" è come dire tu sei buono o tu sei cattivo, un giudizio morale vestito di termini tecnici incomprensibili.E se il corpo umano è ancora un mistero, per chi non può credere allo spirito come medico, che cos'è allora la mente umana ?
Allora non resta che accettare, semplice, molto semplice a dirsi, la fine di un rapporto, sia amoroso o lavorativo.
"Ma lei cosa rappresentava per te ? 
Perchè è finito ? Colpa mia o colpa sua ? Non dovevamo sposarci ? "
Sono sempre gli uomini i violenti e loro a subire, poi non contano le parole di lei...
Ho sentito come tutti voi la parola nuova "femmicidio", per la lunga, quotidiana catena di omicidi di donne, quasi sempre in familia o convivenza.
Il paradosso è che quando ci innamoriamo vogliamo fare di lei una dea e farla sentire una dea. Onnipotente e importante come dio, mentre resta carne e sangue, fango e cenere anche se vestita d'intimo firmato, attraente come una droga, intelligente e desiderabile.
Lei, non può che compiacersi di questo improvviso stato, la sua autostima, la sua vanità, il suo orgoglio crescono e si soddisfa. Dispensa all'uomo il ritorno all'antico legame familiare con la madre, solo che stavolta è adulto.Quando lei dice "basta, il gioco è finito", per alcuni, è come se dio dicesse di no e volesse scomparire dalla propria vita.Immaginate di essere esclusi dal paradiso mentre ancora credete di seguire il test di ammissione.
Allora il femmicidio è come il deicidio ? Sospetto di si.E' un atto insano di appropriazione indebita della vita dell'altro, una volontà di possesso smisurata, una perdità totale della realtà.
"Non posso vivere senza di te, quindi ti trascino con me". E' ovvio la responsabilità della mano che opera, meno ovvio che nella mente, quella donna, quella santa donna, non era dio; se non lo era, se vi erano alternative, se forse qualche motivo di separazione c'era, il movente dell'uccisione e la sua responsabilità è solo criminale e abberrante. Non sto certo giustificando l'atto, cerco di entrare nella mente dell'abbandonato, del lunatico. Alla fine, "il matto" è una persona che non accetta la realtà e per questo chiama in causa, tutti i "normali".
Non è facile, tanti, in tanti, impazziscono per una storia d'amore finita male.
Sono milioni di storie, quasi tutte uguali, con la reazione che cambia, perchè alla fine siamo individui, persone con caratteri e peronalità diverse.
Nel mondo standardizzato e dei moduli, questa individualità, soggettività, non è accettata, è un errore umano come la volontà umana, non accettata dal sistema.

Quando lo psichiatra accusa Jack Nicholson di fingere pazzia per non lavorare, in fondo, non fa che il lavoro del suo datore di lavoro dal quale direttamente o non,è pagato; non si interessa delle cause, dell'attività lavorative e del "disagio" di Jack. 
Questo, la relazione malata,sospetto, costa troppo risolverla, meglio un si o un no, matto o sano.
Se è vero che si può fingere pazzia per non lavorare, allora è altrettanto vero che si vive la vergogna di essere "diversi", trattati diversamente, considerati "matti" , dai colleghi e dal datore di lavoro; nella bilancia della convenienza, non vedo pendere dall'una o dall'altra parte. Questo l'ho vissuto nella mia pelle recentemente, posso assicurare che non è piacevole, quando si avvicinano con voce bassa e rassicurante, quando le altre persone ti evitano, ti guardano come un diverso, non ti rispondono perchè credono in fondo che sei matto. La soluzione ? Terminare le relazioni malate, se possibile,terminare le cause.
Lo so, sono tutte considerazioni banali, ovvie, evidenti.
La fine di Jack nel film è terrificante, non si scherza con gli elettroshock, le pastiglie, affidare il corpo e la mente a queste strutture, non si scherza. Restare in vita, privi di coscienza, credo sia uguale a morire, alla totale pazzia, alla totale irresponsabilità, cosa resta del soggetto ?

Oggi al bar leggevo la cronaca, riportava un fatto assurdo, un uomo con contratto interinale, di nazionalità Romena, vicino al termine di lavoro, imbottiva la sua auto di bombole da gas GPL, parcheggiava l'auto di fronte all'ingresso della fabbrica, vicino ad una scuola, poi con benzina dava fuoco. Sarebbe stata una strage,dipendenti, studenti e altri. Chi ha salvato, chi ha impedito materialmente tutto questo ?
Psichiatri ? Carabinieri o polizia? Vigili del fuoco ?
Solo chi era vicino, i volontari, due lavoratori dello stabilimento che hanno volontariamente spento l'incendio, disinnescato il pericolo.
Senza alcuna critica verso i dottori, gli psichiatri,chi investito del potere e delle conoscenze tecniche, chi può fermare il vicino che diventa insano, siamo solo noi, i vicini, magari con una telefonata, magari con un colloquio, poi dopo arriverà chi di dovere.

sabato, giugno 22, 2013

Format C:


 vita-in-camper-dal-1-maggio-2013.html 
Dal primo maggio vivo permanentemente in un camper, fiat ducato 2.8 JTD del 2003,
 modello MC LOUIS 363.Sono contento della "scelta" di vivere in mobilità,  sono sempre "fuori", (nel senso letterale e anche metaforico quando occupato nel finto-lavoro).

Come dal primo commento e post, le rinuncie ci sono, ma non esistono cambiamenti senza rinuncie, senza scelte, senza ispirazione, senza determinazione.Trovo azzeccata la parola "Arca" perchè all'interno si trova protezione ma anche movimento, ci si rilassa, tutto è vicino,semplice, essenziale.In fondo, essere felici è semplice, le soluzioni non sono complicate, come invece appare se si vive di contraddizioni, falsità, burocrazia quotidiana.

21 Maggio 2013
Aggiungo qualche nota a questa esperienza.
Comprare un camper usato, per molti è una pazzia, immaginano che si fermi in autostrada e altri fatti del genere.
In realtà ci sono "tante cose nascoste" che solo col tempo si svelano in crescendo, solo un tecnico può sapere oppure un inesperto che si accorge che il vetro dell'oblò gli casca in mano ferendolo, oppure che l'oblò del tetto si è bloccato come era capitato al precedente proprietario, con il rischio di pioggia e allagamenti.Oppure che il vano delle acque grigie gocciola, oppure che le dimensioni di un oggetto non entrano, oppure che la corrente assorbita è eccessiva etc.
Morale: una vita piena di imprevisti e diversa dal solito.
In camper non si può dare un orario d'arrivo e nemmeno con certezza un orario di partenza,
gli imprevisti, possono essere tanti nel caravan.
Se si ha una casa fissa, appartamento in proprietà o in affitto (non fa differenza) , tutto gira intorno come con un compasso dove il centro del cerchio è la casa, il raggio il guinzaglio del cane, il ritorno di sera, la cuccia, obbligatorio. I muri rettangolari, la sicurezza,la prigione immobile, non è facile il disinpegno da una prigione, per definizione.Pagare per la prigione e l'immobilità, i "comfort", la schiavitù moderna consolidata.

Se vivete in camper, tutto è sconvolto, lo spazio e il tempo, alla domanda dove ? la risposta ovunque, scatena ilarità, credono anche che avete avuto i doni di Padre Pio sull'ubiquità, mentre basta non avere un indirizzo fisso per decadere allo stato "senza fissa dimora", che non è santità, specie se accomunata al popolo degli zingari e la loro perenne negativa immagine. Tutti pensano a se stessi e si chiedono se potrebbero vivere la stessa esperienza, dando la risposta negativa in prima persona, estendono all'universale.
Il vero tema è "l'indirizzo" ; si vive per indirizzo, i computer insegnano, vivono di indirizzi, i documenti di qualsiasi natura, di indirizzi.
In alcune culture, se non avete indirizzo, non esistete. Infatti, si comincia a "svanire" nella società,
un fatto bellissimo, essere inafferrabili, irrintracciabili, mobili. Non significa perdere un identità,
ma la cosa confonde.

22 Giugno 2013
Ieri, anche ieri qualcosa ha scatenato la mobilità, non me ne sono potuto accorgere, vivendo su due/quattro ruote: il terremoto. Non riuscivo a connettermi ad Internet, credevo nei soliti problemi software e male-divo Windows e i suoi fratelli, cugini e tutta la stirpe dei computer, poi ho saputo del terremoto e dell'assenza di connessioni per permettere la gestione delle priorità delle emergenze.
Ho fatto un passo indietro e ora mi scuso. Chi vive in strada sa che le emergenze sopravanzano le ragioni comuni, gli impegni ordinari, incluso il piacere o l'interesse a scrivere in un blog; per tutti questi giorni, ho vissuto in una continua emergenza, incertezza.
Non è facile spiegare, non è possibile capire la sequenza delle cose pratiche da risolvere, bisogna esserci in quel flusso di tempo e spazi per capire.

Il 10 Giugno 2013 sono stato a Ferrara, incontro in una sede prestigiosa, un palazzo antico,
per terminare, cessare, qualsiasi rapporto con la meg@zienda, una pietra tombale.
C'è stata la lettura dei documenti, la firma in una trentina di documenti, copie e copie,
ed ero in tutta onestà tranquillo in coscienza, consapevole, perchè agivo in tutta coerenza.
Il vincolo di "segretezza" e i vincoli dei vari documenti, le alternative non date, gli accordi nazionali e le leggi, un'archittettura complessa e studiata da menti raffinatissime, per portare alle scelte inevitabili e conclusive. La stretta di mano conclusiva, "Lei ha firmato un buon accordo", "basta che sia finita", tutto quello che chiedevo e pensavo.
Lo chiamano "accordo consensuale", "incentivo all'esodo", "arbitrato" etc. comunque sia, nulla
è senza costi e transazioni economiche, senza dichiarazioni legali, senza coperture, eccetera eccetera.
Un esercito di burocrati che si muove in base a direttive e si "copre" le spalle da una sequenza di decisioni piramidali dove ciascuno è irresponsabile perchè deciso dal vertice precedente e dal suo superiore, la testa unica, il responsabile, non c'è e non sarà mai nei documenti, perchè delega al subordinato.
L'irresponsabilità di massa di meg@zienda e dei sistemi macro-economici, dove all'opposto, le aziende artigiane, le piccole società, hanno nome e cognome e referenti umani.
Inutile disquisire, inutile offrire o cercare alternative, quando queste non sono date, ad alcuni;
condurre a fare quel che si vuole l'altra parte, è un arte di secoli, non un invenzione occasionale.
Ho visto il quadro della situazione,la conclusione era quella tracciata, unicamente i tempi e i modi,
li hanno gestiti loro. Forse giocano ad essere dio nei confronti dei loro sudditi-dipendenti, forse
perseguono solo degli indirizzi generali dove i numeri contano, ma sicuramente, la coscienza ne è esclusa e tutte le altre ragioni.Amen.

Molti ex-colleghi impauriti dell'ignoto che sopravanza, domandavano "Ma ora che farai ?"
Qualche parente disorientato, qualche amico, ecco la "voragine del nulla", senza lavoro e senza casa,
nel fumetto della loro imaginazione , sdraiato in una panchina con un ago nella vena o una bottiglia in mano, nella degradazione, nel vizio, nella dissolutezza, nella disperazione.
Ahi, nessuno sa cosa ho passato io in questi mesi, nessuno può capirlo.
Devo ammettere che sono sempre accompagnato da persone che immaginano sempre il meglio per me, hanno stima nelle mie capacità, brillano per fantasia e incoraggiamento.
Tutto questo pessimismo, giudizi negativi nei miei confronti etc., ,grazie, mi incoraggia.
Non è una battuta, non è derisione o sottovalutazione delle difficoltà reali, ma tutto questo mi carica.
La storia mi insegna e presenta modelli, al di là delle ovvie constatazione quotidiane.
Non siamo in tempi normali, io provo ora a cambiare, spero solo che altri non siano costretti da situazioni macroeconomiche.
Continuerò a scrivere, connessione internet permettendo, altri posti, altri luoghi, altre attività.
Adesso, come nei vecchi computer, azzero la memoria, Format C:\ , inizia una nuova vita.