« Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,
comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con
la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1032.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la
pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro
2065.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516.Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o
giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita
in collegio, le pene sono aumentate. » Art. 595 su Diffamazione (incluso a mezzo stampa).
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Non so esattamente da quanti anni esista questa legge,ma pare quasi dalla fondazione della Repubblica o ancora precedente, nel regime fascista, presente anche nel diritto Romano. In Inghilterra, si chiama Libel.
La storia riguarda un direttore di un giornale con la G maiuscola, condannato dopo tre gradi di giudizio, per un articolo scritto da altri,firmato con uno pseudonimo
ma essendo direttore responsabile non ha censurato l'articolo.
Giudicato diffamatorio perché riportava notizie non-vere riguardo una sentenza
su un fatto di cronaca e su un giudice.
Non ci sarebbe stato clamore, un fatto scontato, ovvio, ma il Giornalista, invitato
numerosissime volte in TV, ha iniziato una campagna contro la legge di diffamazione.
Non voleva dichiarare chi fosse l'autore dell'articolo, per coprire le fonti, (vedremo
poi perchè) ma nello stesso tempo considerava ingiusto che il direttore del giornale
fosse responsabile di fronte alla legge per quanto scritto sul suo giornale,
non ultimo che vi fosse per la diffamazione la condanna alla galera invece di una semplice
ammenda amministrativa.
A tutti fa orrore la prigione in sé, facile deprecarla pubblicamente, in base alle emotività,
ma esistono molte altre ingiustizie che non diventano "pubbliche" e oggetto di campagne.
A questo punto chiama i suoi gregari, i suoi amici, alcuni parlamentari, promuove una campagna per cambiare la legge, definita iniqua, fascista, ovviamente, contraria alla libertà
d'espressione etc.
La giustizia italiana anche dopo il terzo grado di condanna, dopo anni, udienze,
tarda, necessita dell'arrivo della notifica, magari per posta, prima dell' esecuzione
e dell'arrivo dei Carabinieri.
Quindi sui telegiornali, su molta stampa, i suoi colleghi, la corporazione, iniziano con
clamore la campagna stampa contro il carcere.
Nessuno ricorda più i fatti, le vicende che personalmente sono andato a leggere e vi
risparmio perché altrimenti l'indignazione cresce, non verso il giudice o la sentenza
ma verso l'imputato, il famoso direttore di Giornale.
Allora la legge è uguale per tutti ? Oppure dipende dal grado di notorietà,
dall' apparire in TV ? Dal potere di scrivere su un Giornale?
Quanti condannati al carcere vorrebbero avere voce, avere una campagna mediatica,
per cambiare la legge che li ha condannati ? Quanti potrebbero permetterselo ?
Questa vicenda propone seri interrogativi su quanto siano oltremodo distorti
i mass media, la carta stampata.La prova di quanto scrivo sta nel fatto che chi
avesse scritto l'articolo, esce allo scoperto, si confessa alle telecamere dopo circa
cinque anni dall'inizio della causa, dopo sentenza definitiva, dov'era e dov'è ?
In parlamento !
Già all'epoca dei fatti sospeso dall'ordine dei giornalisti, non avrebbe
potuto nemmeno scrivere col suo nome l'articolo, quindi il direttore ha commesso
un infrazione a prescindere dal contenuto e dalla causa.
link a www.youtube.com
Non è finita, no, dopo aver subito la condanna per diffamazione, non ancora esecutiva,
dopo la campagna contro la legge che lo ha condannato, dopo non aver visto
il sollecitato e "doveroso" impegno dei parlamentari ad approvare una nuova legge su misura,
cosa rimaneva?
Cito testualmente:
"E’ successo quello che immaginavo. Questi politici cialtroni sono ipocriti e codardi. Ora la Procura renda esecutiva la pena e mi venga a prendere". Questo il commento duro dopo la notizia dello slittamento dei tempi per l’approvazione del Ddl diffamazione oltre il 26 ottobre, giorno in cui termina la sospensione della pena per il direttore
E dal suo Giornale (cito, copia ed incolla)
Posso rimanere io, personalmente a professionalmente, appeso all’ipocrisia di questi mediocri che ho pure, come tutti voi, mantenuto per anni pagandogli con le mie tasse amanti, vacanze e vizi vari? Direi di no, non supplico, non mi inginocchio né umilio. Sapete che c’è, cari politici? Lasciate perdere, andate tutti a quel paese, non voglio essere salvato da gente come voi. Siete alla stessa stregua di quei due giudici che in malafede, e per potermi arrestare, mi hanno appiccicato l’etichetta infame di «persona socialmente pericolosa»
Insomma l'ultimo insulto dell'imputato condannato, dopo i giudici, la legge,
non restava che il legislatore ovvero i parlamentari, quindi il quadro era completo.
Sembra che la richiesta di clemenza non richieda più l'atteggiamento contrito o umile del condannato, ma al contrario, insulti per tutti, in nome della libertà del giornalismo di diffondere anche "notizie false e tendenziose" (proprio questo è il reato di diffamazione).
Forse il web ridimensionerà molto queste "personalità"(giornalisti), la loro audience, il loro seguito,
perchè informare non sarà più un loro monopolio, almeno lo spero.
Non credo che in un altro paese, questo sarebbe accaduto. Spiace riportare queste notizie
squallide alla vostra attenzione, ma questo è il mondo reale, i personaggi che abbiamo sotto i riflettori.
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