1a parte E’ un paese libero ?
La domanda è lecita, abbiamo tutti quasi paura di dire la nostra, offendere, perdere la stima di altri, auto-censurati verso parenti, amici, le cerchie, i vicini il piu "potente" di noi, così nel lungo tempo, l'Italia è diventato uno dei paesi più conformisti del mondo. Nel vero senso della parola "conformarsi" all'opinione corrente, comune, "politicamente corretta" senza mai far affiorare il "mostro" che è in noi.
Alla fine le discussioni, i litigi, avvengono su sottigliezze, usi di aggettivi, grandezze, mai su ciò che si crede, si vuole, perché non sarebbe politicamente corretto.
Si potrebbe offendere l’altro (l’ignoto), si potrebbe avere un “confronto”, temuto e forse disagio.
Allo stesso modo questa mancanza di vera discussione rende il linguaggio scolorito con frasi fatte, senza vera passione, desiderio.
Il blog, singolare e plurale,vorrebbe essere genuino, il momento di esplosione di idee, libertà senza offendere persone, ma qui c'è anche la paura di postare un commento...qui come da tante altre parti.
L'unica libertà è nel scrivere messaggini standard insignificanti su whatsup ? "ci vediamo stasera...butta la pasta...ecc.".
Che terribile noia deve essere per il controllore informatico monitorare migliaia di messaggi con due, tre frasi, ripetute migliaia di volte. Ma è tutto legale. L’ho sempre immaginato che tutta questa “bonanza” di mezzi di comunicazione gratuiti, nascondeva qualcosa…. più avanti qualche dettaglio.
Mi spiace se qualcuno non ha apprezzato la satira nel precedente post, integrando video sulle performance, discorsi pubblici, del nuovo corrente primo ministro. Le brutte figure sono personali, in questo caso anche pubbliche e non c'è colore di bandiera che possa nasconderlo.
I giornali, la maggior parte, invece, sono per un ammirazione incondizionata del nuovo salvatore della patria, che ad ogni frase dice "è tempo di riforme".
Se posso liberamente esprimere un opinione, meglio lasciare stare le cose come stanno che fare una riforma peggiorativa, promossa data incapaci.
Liberi di pensarla come si vuole. Capisco il desiderio del -salvatore della patria - ,qualcuno che ci tiri fuori dal lento e inesorabile declino, magari qualcuno che torna a far cambiare i titoli dei giornali, qualcuno onesto, qualcuno che risolva problemi….
Strano, dare fiducia e sperare in colui che veniva soprannominato il “rottamatore” …
E’ un gioco di parole ? Rottama anche noi e i nostri sogni ?
Ma non volevo scadere nel fiume delle parole della politica, dell’attualità,lo fanno in tanti e meglio di me…
Forse un attrattiva nel mezzo-messaggio del leader, “pensate come volete, poi decido io, è il mio lavoro…”.
Quanti vorrebbero decidere, comportarsi così, alzi la mano chi non vorrebbe.
2a parte - Conformismo e conseguenze.
Eppure, sono solo giochi mentali e d’immaginazione breve, volatili come qualche goccia al sole e al vento.
Chi persegue…commette un reato…
Dicono che la storia sia maestra di vita, lo dicono anche della strada, credo ad entrambe..
Mentre percorrevo l’autostrada A1 verso nord, la via italiana forse più popolare, l’arteria principale del traffico, sotto le strisce intermittenti per le corsie e il sorpasso, ora sono ben tre…notevole per l’Italia..
Mentre percorrevo, ipnotizzato da quelle strisce intermittenti, mi chiedevo perché mai volessi raggiungere quel luogo, sulla base di qualche pagina vista su Internet, perché mai ?
Inseguire un sogno adolescenziale raggiunto in età avanzata ? Fuori tempo e fuori luogo…Sogno scaduto ?Ma perché ?Poi all’improvviso, - Che senso ha questa vita? -.
Contavo le strisce bianche, quante sono da qui alla destinazione ?
Quanti anni occorre per realizzare un sogno? Cosa accade dopo, dopo che il sogno si è realizzato? Si diventa Budda-pace-col-mondo ?
Oppure si corre nel pensatoio a immaginare un nuovo sogno ?
Oppure si corre nel pensatoio a immaginare un nuovo sogno ?
Si stacca un nuovo ticket e si ricomincia con l’ansia, traversie, le notti insonni, lo stress per raggiungere il panorama da una nuova montagna ?
“I am running Into the forrest, I hear a voice calling my name, I hear a voice I start running into the trees…Finally I stop,I know is too late, I am lost into a Forest, all alone……The girl was never there,it’ s always the same…I am running into something…again again ….” cantavano i Cure, negli anni ’80, ora ascolto il re-mix ed è again again…
Sempre bello, sempre vero, da ripetere all’infinito, cantarlo, ascoltarlo…Sogno possibile col digitale walkman. Qualcuno bussò alla porta della mia camera da letto, chiese scusa, disse che dopo aver ascoltato tutto il pomeriggio The Forest, avrebbe voluto altra musica o silenzio… Mi scusai, mi guardò con aria di compatimento, (è impazzito).
Si diventa vecchi a poco a poco…ripetizioni, manie, pensieri fissi, conformismo, la storia insegna così….
Tutti gli altri fuori dal mio universo ! Mi fate girare gli elettroni e mi fate scadere i neutroni !Allontanatevi da me energie negative e materia oscura, credo di brillare di luce propria, ho una permanente tensione nucleare e un forte mal di testa.
Ma poi la stanza era solo cinque per quattro metri, un po’ poco per trattenere il mio universo, così dopo con il furgone, il pavimento si allungò nel marciapiede circostante.. Ho solo sette ore di batteria prima che il messaggio si svolatizzi nella memoria e tutto si dissolva…senza alcun ricordo di me.
Basteranno queste poche ore per raccontare le stranezze di ciò che la mente abbia registrato in questi ultimi giorni ?
La pioggia continua incessante, nel parcheggio attorno i finti e temporanei viaggiatori, scrutano il cielo,come tutti l’umore è grigio, perché i sogni del mare, dell’aria aperta stanno svanendo, un umidità morde la mente, un freddo conserva i pensieri tristi che si erano creduti lasciati in città, dietro, nel posteriore ed ora tutto ritorna anche qua.
Se sapessi il significato di quel viaggio, forse come molti, come la visione di un documentario in TV, tutto scivolerebbe dalla poltrona, senza sapere se fosse stato un vero o un immaginaria esperienza. Invece, il viaggio, devo farlo…
Tutto il giorno a fissare una via lunga venti metri, larga due, di fronte un piccolo condominio, nel centro d’un paese, rettangoli di luce come fessure delle verdi imposte,mura antiche, piccoli spicchi di cielo in alto. Pochi passaggi, pochi rumori,l’unica finestra colorata uno schermo TV enorme in salotto. Riviste, libri, quadri e quadri tutto intorno senza più una parete bianca. Sovrabbondanza, inutile,lasciata a sguardi malinconici.
La storia e i ricordi di settanta anni di vita, casualmente richiamati vocalmente, “Ti ricordi quando…” nell’eco dei muri ritornano vivi, ma sono soli e distanti dal traffico umano. E’ un mondo che non sembra più appartenere a loro e loro al mondo, rifugiati dall’esterno, protetti da decine di abitudini che considerano giuste e sante, giustificate dall’età e ripetute, una inesorabile ossessione.
-Ho saputo che vuoi andare in R., in moto ? - cominciava così dal filo invisibile del fono , ed era solo la premessa, la notizia, la spia, era a lato ed abbassava gli occhi con un filo di vergogna, non poteva che essere lei.
Le sorelle si parlavano all’indispensabile strumento anche cinque o sei volte al giorno, come a scongiurare il terrore di perdersi. C’era ansia, parole, sospiri, volavano le voci dalle rispettive prigioni che chiamavano case.
Bastava un accenno, uno sguardo, un sospiro, un rimbrotto ed era la sintesi perfetta di quel che non si poteva dire ma solo e sempre immaginare.
Se avessero parlato, le cataratte del cielo avrebbe innondato gli ascoltatori di migliaia di parole, un flusso inarrestabile e la coscienza degli uditori sarebbe scomparsa cercando i significati e le conseguenze del tutto.
Partendo dal sano principio che ogni notizia, iniziativa del soggetto era da valutarsi negativamente, data la sua storia, l’immoralità, l’incostanza, l’incapacità conclamata, non sorprendeva l’inizio e il seguito.
“Ma io non lo so…” giustificava per contenersi, per l’assurdità della notizia, inconcepibile, - hai già provato più d’una volta…lascia perdere e adeguati -. sottinteso.
“Cosa vai a fare là? “ chiese e attese un paio di secondi per sentire l’eco del silenzio e aggiungere “Sì vai a fare delle chiacchiere…”.
Il soggetto e recipiente, sorrise, pensando che fosse strano che al telefono pretendessimo una mimica facciale, una immaginazione facciale di volti, le parole uscissero da sorrisi o visi crucciati e il tono fosse tutt’uno con l’umore e lo specchio di ciò nell’immaginazione.Non era possibile vedersi, ma si vedeva meglio.
Chiacchiere ..- ripetè meccanicamente, -può darsi…- .
Il recipiente non poteva usare la classica frase “Lei non sa chi sono io…” perché solo a pensarla si sfiorava il ridicolo ed era uno scherzo divertente, attraversò la mente e rise, improvvisamente la tetra nera stanza del parlatoio, dove la luce non può arrivare per le mosche, per il buon umore, per la serietà, per l’aria calda e quella condizionata, recente scoperta, il tetro scomparve ai suoi occhi.
Ancora non esiste il reato di chiacchere, certo percorrere duemilanovecento chilometri per farle, è reato di stupidità, pensò. Ma il recipiente, per sua natura, doveva raccogliere i flussi di parole, i liquidi di ogni genere, come uno scarico umano, senza dignità e senza rifiutare, pur essendo oramai colmo di rifiuti. Eppure quel riso era genuino e liberava gas nell’aria, ridere era la medicina, l’esorcismo contro le visioni cupe, il vento che scioglie la nebbia.
Ammettere le possibilità e negare ogni possibilità, quasi come ammettere l’infinito e negarlo.
Pochi giorni prima, di fronte l’officina del meccanico, un uomo più che maturo, capelli bianchi, lunghi, braccia distese ad afferrare il manubrio largo, una moto colorata celeste, un chopper, con la donna minuta passeggera, si avvitava in cerchio e parcheggiava di fronte all’ingresso.
Non una parola d’italiano, l’austriaco che sembrava un energumeno americano, lasciava parlare la donna in un inglese internazionale con accento tedesco. Raccontava che erano partiti nella mattinata dall’Austria per raggiungere un paesino disperso nei monti, vicino a Rimini, un moto raduno di Indian. Qualcosa come 800-900 km sul serbatoio e sella di una moto antica, senza parabrezza e nessuna comodità… Mi sembrava una pazzia, ma ero felice a guardarli, sopravvissuti. Un coltello da Rambo sulle coperte delle forcelle anteriori, come si vede dalla prima foto. Ha sicuramente attraversato due frontiere, austriaca e italiana.
Anche nell’era del confort, della tecnologia, c’è ancor chi fa delle piccole imprese personali, insegue i suoi sogni, quando basterebbe una carta di credito, un taxi, un aereo per un ora o poco più, per raggiungere quel luogo.
Scegliere un ‘alternativa anticonformista, è una pazzia per molti, un inutile sforzo, ma il viaggio è durante, non l’arrivo, non il traguardo.
Chi vive una vita non conformista, è normalmente incompreso, isolato e deriso, è il prezzo da pagare,un cliché.
Molto spesso non è per inseguire la notorietà, non è per le motivazioni dei conformisti, che si fanno cose inusuali, strane, originali, ma perché si amano i propri sogni.
Ho visto nei giorni,anni precedenti, persone che hanno fatto davvero scelte non conformiste, inusuali, sbalorditive,così da farmi apparire le mie, piccole cose insignificanti.
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