martedì, dicembre 31, 2013

Vulcanizare, autotrasporto e bistra. (seconda parte)



 Appartenevo alla categoria protetta e in via d'estinzione (in Ungheria) del turista dentale, la concorrenza si sposta ad est nei paesi più   inimmaginabili come la Romania, la Moldovia, la Bulgaria eccetera. La differenza sostanziale è la lunga tradizione della scuola odontoiatrica ungherese, ogni posto ha le sue specialità. Così mi consolavo ogni volta che tornavo all'appartamento,  ripetendo a me stesso, come un mantra che loro fossero i migliori e che  il dolore senza fine,fosse passeggero.
Consultando la guida Tripadvisor, alla quale mi ero re-iscritto da poco, (una sorta di social network per valutare luoghi) cercavo posti, cose che non avessi visto nei viaggi precedenti e che ora, la distanza prossima, me lo permettesse con la mano di afferrare e metterlo nel tesoro della memoria di un errante viaggiatore.
Musei, antichità,  antiquariato,  poi luoghi famosi come la piazza degli eroi, la statua di Anonymous, (la foto è sulla prima parte del post) poi anche le attrazioni; mi colpì il club shooting center Celeritas.
Seguivano commenti entusiastici e la mia incredulità,  in Italia completamente proibito, sparare con armi vere, in uso alle polizie e da guerra etc,. Così ho prenoi un paio di giorni prima per sabato.Raggiunsi in taxi anche se potevo con i mezzi pubblici, a patto di capire l'ungherese. In effetti era un club, in un sottoscala dentro una zona industriale, magazzini, depositi a lato di una grossa arteria. Le segretarie alla cassa, molto giovani,  all'intervallo di ogni sessione, cambiavano i bersagli, organizzavano i gruppi. Due gruppi continui, pistole e l'altro fucili. L'unica formalità,  il mio documento d'identità e la liberatoria che non intendevo suicidarmi, far alcuno male e che non ero affetto da malattie mentali, scritto in quattro lingue incluso l'inglese. Gli istruttori sembravano i classici soldati o poliziotti dei corpi speciali, vestiti di nero, tutti armati con una pistola a rapida estrazione all'altezza della gamba. Avevano maschere anti-fumo e polveri, perché l'esplosione ed esposizione alle polveri sottili continua non è salutare.
Lo scopo di provare, testare, capire, il funzionamento dell'arma, è simile al tiro con l'arco, richiede concentrazione sul bersaglio, precisione, calma, controllo, per questo ha molte caratteristiche simili ad un vero sport. Ero in un gruppo di dieci persone ed ero il secondo in rotazione. Spesso il ragazzo accompagnato dalla propria ragazza, vedevo la loro reazione di paura, rifiuto, insicurezza, ma gli istruttori erano rassicuranti ed eccellenti guide nel correggere la tecnica di tiro, sapevano e capivano chi avessero di fronte.Ottimi psicologici. Sono rimasto sorpreso dalla leggerezza e precisione delle più recenti pistole, il primo round con la serie di pistole è stato divertente. All'ingresso del secondo locale per l'uso dei vari fucili, alcune ragazze dopo aver provato i più semplici, si sono rifiutate di proseguire, terrificate dal potenziale esplosivo della bocca di fuoco, dal rinculo dell'arma (posso assicurare che due tipi di fucili, erano poco maneggevoli). 
Non sono un fanatico delle armi o in favore della loro diffusione, però ciò che noto è che io straniero con il divieto assoluto e incondizionato in Italia all'uso e alla prova posso andare in un altro paese e semplicemente provare le armi proibite,  in un ambiente controllato e con procedure di sicurezza. 
La sessione completa di pistola e fucile durava all'incirca due ore, al termine vi era un concentrato di polveri da sparo, fumi, bossoli, possibilità di foto ricordo-trofeo con l'arma preferita. Senz'altro avrei voluto portare il kalanshinkov o AK-47, piuttosto preciso, leggero e con un moderato rinculo.  All'uscita incontrai il gruppo successivo , rimasi abbastanza sorpreso a vedere che erano arabi e qualche pachistano, senza alcun riferimento, provai una forte insicurezza. Nella liberatoria era scritto che il club poteva anche rifiutarsi di ammettere persone nel poligono o sospendere, senza dare dettagliate ragioni.
Quell'intervallo del sabato mi alleviò le sofferenze, all'uscita pretesi di tornare all'appartamento coi mezzi pubblici. Un avventura, dopo due tram, un giro di metro, un giro di tram, riuscii a tornare dopo circa 4 ore. Abbiate coraggio di ridere, se sapete l'ungherese.
Il metró di Budapest non è il classico metro, le carrozze sono piccole, quasi di cioccolata e legno, sembrano fatte per i turisti, non ci sono lettori di carte o biglietti, ma controllori umani agl'ingressi.
Quando arrivai alla stazione di Szechenyi (fermata vicino alle omonime terme, le più grandi d'Europa) non avevo nella mia mappa mentale le distanze esatte, anche perché l'entrata e uscita del metrò assomigliava ad un bagno pubblico, seminterrato in un giardino, con insegne in ferro scolorite.  Il palazzo distava una trentina di metri e non era impressionante ne originale per l'architettura e le sculture. Si poteva vedere oltre la strada l'ingresso allo zoo (già visitato in altra occasione) e il circo stabile. Entrai in un ingresso dov’era la biglietteria e vidi oltre le spesse vetrate l'acqua marina azzurra caraibica blu, in mezzo al grigio cielo, inaspettato. Vi erano tre distinte vasche o piscine, ma erano solo quelle visibili dall'esterno e nell'anfiteatro, lungo tutto il colonnato eccetto la parte della ristorazione, vi erano solo piscine e saune, non visibili dall'esterno.
Andai alle terme il 23 novembre, a mia insaputa, giorno di commemorazione per le vittime del '56, capii perché vi erano angoli pieni di fiori e candele, di fronte a statue.
Dopo il pagamento del biglietto, il cambio in costume, l'asciugamano e le ciabatte, mi attendeva un lungo percorso di vasche, acque termali calde e fredde, tutte da provare. È un'esperienza unica, rigenerante per il corpo e la mente. Acque a 35 gradi, in vasche semi ovali, tra stucchi e marmi, nulla delle moderne piscine. Fuori da ogni mia immaginazione restare fuori all'aperto in novembre, prima di entrare nelle piscine scoperte, non rabbrividire, non tremare di freddo. Una pazzia per chi abita nella pianura padana.Non siamo all'equatore ma quasi all'altezza di Vienna, oltre il nord Italia.
Si può trascorrere l'intera giornata perché vi è una varietà di vasche, intrattenimento, attività fisica e anche sorseggiare una birra sulla terrazza antistante la piscina.
Il club di tiro , la giornata alle terme, gli unici due divertimenti o trasgressioni ad una vita da monaco. Poi visitai anche l'ex clinica americana, considerata una delle migliori, ma anche la piu costosa, per un check-up generale. Il vantaggio era che parlavano normalmente inglese ed erano disponibili 24 ore. Le tariffe erano anche piu alte di quelle italiane.
In seguito a quei test, dovevo attendere la risposta la settimana successiva, il dentista terminava l'opera il mercoledì;  avrei avuto circa cinque giorni d'attesa....La mia vettura sembrava aver riposato abbastanza.
Così  da alcune sere, scrutavo la mappa, mi chiedevo  a cosa fossi vicino, interpretare segni, punti, colori di una mappa. Poi si confidavo un poco nel "navigatore" interagendo sul tablet per i nomi stranieri e la macchinetta di bordo, oramai tecnologicamente superata.
 Posso in tutta tranquillità affermare che ho combattuto contro i "navigatori" numerose volte, macchine, intelligenze geometriche prossime allo zero, errori di natura e serial killer, la lista d'insulti a quelle voci sintetiche prima e dopo aver realizzato la vera route o percorso d'arrivo.
L'esperimento più divertente a proposito fu il giorno seguente, raggiungere un distributore, l'unico di gas metano, in Budapest, a circa 5, 5 km dall'appartamento dove vivevo. Impostai il telefono con g. maps e il navigatore g. Americano (non voglio nemmeno fare pubblicità negativa) , tutti e due in lingua inglese, tutti e due la stessa partenza e la stessa destinazione, ebbene dopo circa tre minuti , ad un incrocio, uno diceva di voltare a destra , l'altro di andare dritto. Quando arrivai sulla via dove il ditributore si trovava, un nuovo incrocio, il telefono disse di girare a sinistra mentre il navigatore disse di girare a destra, entrambi concitati e urlanti, per fortuna erano due macchinette e non due suocere. Non mi trattenni, alla fine seguii l'istinto e raggiunsi il distributore non ascoltando il deviato navigatore.
Avevo in mente una pazzia, non lontano da Budapest, 250 km circa, c'era Timsoara, Romania, non ero mai stato... in quel paese, anche se in molti mi ci avevano raccomandato. In Romania non avrei mai trovato gas metano per autotrazione, ma la benzina sarebbe stata meno costosa.
In fondo le  autostrade ungheresi non erano molto dissimili da quelle francesi, occidentali, senza grossi problemi di guida. Vi erano alcuni avvisi, ma non capivo, non fingevo, dopo avrei capito come e perché. Andai per chilometri, circondato da boschi, ore e ore di guida, intervallate da ore di radio, musica classica, parole incomprensibili. Poco dopo l'uscita dall'autostrada, non lontano dal confine, vi era un discreto centro commerciale,  un supermercato recente, molto rifornito, extra lusso, l'ultima visione occidentale.
 Per qualche ragione il navigatore (si , confesso mancò la mia intelligenza e controllo), mi condusse per strade di campagna, non la principale, al bordo di boschi e villaggi, si avvicinava il confine come direzione, ma le strade sembravano di periferia. Così raggiunsi questo confine, non come quelli di Shengen, passaggio senza controlli. Il passaporto fu controllato 2 volte e poi esistevano dei capanni di legno dove cambiavano soldi, vendevano le "vignette" per vari paesi  altre cose. Passato la frontiera, non fu solo un atto fisico, spaziale, ma qualcosa di molto di più.
Mi informai, alla fine la signora mi fece comprare per alcuni Lei (la moneta romena) il permesso settimanale di girare nelle loro strade applicando la "vignette" sul vetro. A vedere la mappa Timsoara non era molto distante, forse un ora, un ora e mezza?
La lezione fu molto, molto dura, dopo non smisi di credere al navigatore, alle mappe e alla correlazione chilometri e percorso. Le strade non erano con buche, solo quando entravano nei "villaggi", potevano essere disconnesse. Si, c'erano ancora alcuni birocci, calessi, con famiglje trainate da cavalli da tiro. I villaggi, una fila a lato di case, un piano,  a volte colorate, col negozio piccolo del paese. Il nulla attorno. Ho attraversato per ore con rocce lunari intorno senza vedere una casa, solo qualche cespuglio, un capanno per il fieno. La presenza di una macchina straniera scatenava nell'inseguitore l'assoluta necessita al sorpasso, anche in situazioni critiche, come curve.
Con mio terrore vidi un paio di volte rallentare senza apparente motivo, alla fine si vedeva la croce di S.Andrea per indicare che c'era un binario, senza passaggio a livello, senza semaforo, nulla che indicasse il passaggio del treno. Sembrava di essere nel selvaggio west, mai visto autostrade, in realtà solo due, fatte entrambe, da Ptitesti a Bucharest e dalla capitale a Costanza. 
Raggiunsi Timsoara verso sera, esausto, la guida, diversa da altri paesi in cui avevo guidato. Confesso che avevo già avuto alcuni ripensamenti,  mi sembrava impossibile guidare così,  oltre ad essere pericoloso.
L'hotel, "city hotel" si trovava lungo la strada principale in arrivo alla città,  un "tre stelle" discreto, moderno, due piani, ad un lato un sontuoso ristorante, sul lato opposto un cortile. Costo circa 30 eur. Internet, tv, letto matrimoniale, bagno, tutto funzionante. Il personale, come ho avuto modo di in seguito, "scortese" o non accogliente, ma non c'era nulla di personale. 


La mattina avevo necessità di cambiare eur nella moneta locale, guardando la mappa, decisi di camminare verso il "centro". Arrivato al secondo incrocio vi erano taxi posteggiati alla rinfusa, in quarta fila, negozi e banche. Realizzai che erano chiusi perché sabato. Provai a chiedere ad un tassista,  giovane o almeno sulla quarantina,  capii che ero italiano e iniziammo a conversare.
Andrei era stato in Italia e aveva lavorato in alberghi della riviera romagnola,  parlava un discreto italiano,  conosceva la città molto bene ed era la miglior guida che potessi desiderare. A bordo della Dacia, una macchina simile alla fiat, utilitaria, affrontammo vicoli, poi larghi a tutta velocità,  infine mi portò nel quartiere universitario,  dove c'era uno dei primi cambiavaluta, migliori,secondo lui. Poi mi fece vedere la fabbrica Ursus, una granfe fabbrica circondato da case e appartamenti,  chiusa da poco, produceva la birra locale. Una visita ad un hotel gestito da Italiano, uno sguardo e via. Purtroppo in giorni e giorni, l'unica interazione con un umano. Partii tardi da Timsoara, dopo mezzogiorno e iniziai a guidare verso Bucharest con lo scopo di arrivarci. Strade e villaggi, seguivo credo la E74, E78 anche se ero curioso di quanto mi avesse accennato Andrei, trovavo alcuni segni lungo le strade, i monastir, chiese, edifici di culto ortodosso su vette di colline, dove mi diceva si praticava un estrema ospitalità. Ogni tanto a lato di strade si vedevano, come apparire dal nulla, enormi magazzini, fabbriche, servite da quei camion che erano sempre in mezzo nelle strade. Difficilmente si raggiungevano i 70-80 km all'ora, così fare 300 o 400 km diventavano cinque, sei ore di viaggio in auto ininterotto. Com'era possibile che un paese così, con quelle infrastrutture fosse in Europa ? Avrei voluto chiederlo ad alcune persone che ne avevano raccomandato l'ingresso.
In ogni villaggio c'era la scritta, anche a mano col gesso bianco, "vulcanizzare" , non capivo, vedevo capanni, forse officine, "vulcanizzare". Guidare per quelle strade , a volte desolate, con vista di colline vuote, qualche attività di pastorizia, il nulla, un selvaggio west.
Arrivai ad un incrocio nevralgico, una serie di rotatorie, depositi, intersezioni, centinaia di camion, per l'ingresso a Pititesti, ingresso all'autostrada. In effetti era un'autostrada a due corsie. Circa 80 km da Bucharest.  Arrivai alla periferia, dall'autostrada che sembrava trasformarsi in una specie di tangenziale con multiple uscite, centri commerciali, depositi, attività umane e civilizzazione.  Prosegui ed entrai in uno dei tanti viali, dove le due doppie careggiate erano separate dai due binari del tram, questi aveva la forma di un uovo, vecchio. Vi erano palazzi, condomini, pubblicità anche di marche famose, ma l'urbanizzato mancava di armonia. Per un ora circa girai, fino a trovare un altro hotel, "city hotel" , ricorrente. Al centralino vi erano due ragazze abbastanza scortesi, le camere erano piccole e l'hotel in pessime condizioni. Internet si prendeva solo nel salotto d'ingresso. Ebbi necessità di camminare dopo tante ore di auto, così  chiesi a loro la direzione del centro, mi risposero ovunque e che c'era tutto. Infatti camminai per una buona mezz'ora non vedendo altro che condomini, cortili. La città (almeno il luogo dov'ero) era buio, non avevo intenzione di starci oltre il necessario. La mattina volevo concedermi una colazione e altri due passi prima di raggiungere la successiva meta. Nell'hotel vi erano delle stanzette dove si consumava una colazione ridicola, caffè,  the, pane, biscotti secchi. Così dalla mappa non appariva lontano un grande centro commerciale, in effetti dopo aver camminato un chilometro e mezzo, altre insegne “vulcanizzare” poi “autotrasporti”, attraversato un incrocio da trenta metri , vi era questo centro commerciale notevole. Fu lì che dopo una normale colazione provai e comprai una simcard con internet senza necessità di presentare alcun documento d'identità!
Fu molto utile per utilizzare le mappe via internet e fare veloci ricerche.
Successivamente partii per l'est. Dopo circa un ora di attraversamenti della città, con l’aiuto dubbio del navigatore, imboccai la direzione giusta. Ero rinfrancato dal fatto che mi aspettavano altri 200 e passa chilometri, ma in autostrada ! Per molti chilometri l’autostrada era vuota, ai bordi a cadenza regolare dei parcheggi con delle casette per i bagni, null’altro. Le stazioni di servizio scarseggiavano. Poi fu un sali e scendi, non ripido ma si attraversavano colline spoglie, terre senza nulla. Per tutto il tempo che sono stato in Romania, non ha mai piovuto, era caldo, ed è stata una fortuna, considerando le situazioni delle strade.Infine verso venti chilometri dalla fine dell’autostrada, ad una sommità si vide il mare, colore blue cobalto,scuro.
In realtà vedevo un porto, una zona industriale, delle rovine, senza alcuna attrattiva. Le uscite erano numerose, pensai di andare in fondo, dov’era il porto, usci e per molti minuti rimasi fermo ad osservare il panorama, non capendo dove fosse la strada per Costanza o come arrivarci. Infatti tornai indietro, vi erano rotonde e segni poco chiari e così feci altri venti chilometri e poi altri venti per ritornare all’uscita corretta. Persi circa un’altra ora.
Per la prima volta vedevo il Mar Nero, che bagnava tanti confini e posti famosi

Costeggiai  dalla fine del porto, parte della città, molto attiva, con palazzi di varie età, cavi elettrici sospesi come nelle città americane, alberghi di ogni tipo, alcune catene di fast food, negozi, poi la direzione “Mamiamia”, la parte “turistica”, un viale di palme e la striscia di asfalto che ha ai lati il mare, poi gli alberghi. Dopo tre giorni di intensi viaggi avevo raggiunto la costa e così osservavo ciò che sembrava un mare o un lago, mentre alcune famiglie portavano i bambini a passeggiare in una rientranza della spiaggia. Era una spiaggia senza alcun impianto turistico, spoglia, solo lcuni alberghi avevano i muri ad una ventina di metri dal bagnasciuga. Era il turismo dell’est, non alla maniera colorata, eccessiva della costa romagnola. Presi una stanza nel Duna Hotel, anche questa di bassa qualità nonostante l’effetto scenico dei salotti colmi di antichità, velluti chiari e verdi, divani imbottiti e soffitti di legno. Le camere erano decisamente penose o scarsamente sufficenti al comfort.
Camminai la sera per comprendere dove ero esattamente e progettare le visite del giorno dopo. Mi fermai in un ristorante italiano dove nessuno era italiano e tutto era finto.
Il giorno dopo andai al vicino centro turistico dove non mi diedero alcuna informazione, poi riuscii a cambiare alcuni soldi in centro, passando trovai un luogo dov’era scritto “Vulcanizzare” a fianco, Autotrasporti, entrai e capii finalmente che autotrasporti significava self service. Vulcanizzare era invece il vecchio metodo i trasformare la gomma, sia per le gomme delle auto che altri usi. Mangiai qualcosa di decente in mezzo a studenti e varie persone. Ritornai al porto, girai per uffici, chiesi in più parti, ma tutti mi risposero che quel che cercavo era solo nel periodo estivo.  Sembrava come tentare di entrare in un muro di gomma, senza vedere fessure, pertugi, porte, per questo occorreva una chiave, una persona, una guida, qualcuno locale e friendly. In generale tutti i paesi dell’est sono di difficile accesso se non con la guida locale. Così dopo numerosi tentativi senza alcun successo abbandonai la città, giornata inoltrata, mi misi in marcia, cercando di superare Bucharest.  Furono altre tre ore di guida, poi giunto a Bucharest, tentai la “Centuria” , supponevo una pecie di tangenziale. No, la peggior strada che avessi mai fatto.
E’ in gran parte una strada non asfaltata, intorno vi sono magazzini e zone industriali, una fila di camion senza fine, non vi sono veri semafori e la gente si butta negli incroci. Infine passono rotaie con treni senza passaggio a livello, per fare circa 15 km ho impiegato un ora.
E’ un inferno di polvere, operai che saltano da camion, altri  scendono da furgoni, l’unico posto dove vi sono persone che vendono prodotti per la strada, CD, frutta, qualsiasi cosa. Poche macchine schiacciate da una colonna di camion.Uscito da quell’inferno imboccai un altra strada differente verso nord, suggerita da un altro tipo di navigatore. Si saliva, vi erano foreste, la strada classica statale a due corsie.  Sorpassai diversi motel, nella speranza di raggiungere il più possibile vicino al confine, ma sapevo che restava troppo lontano con quel genere di strada. Alla fine, a notte inoltrata, mi fermai ad un motel, erano parcheggiati numerosi camion, vi era la guardia, una piccola trattoria e alcune camere sopra. Nonostante l’aspetto, trattoria da camionisti, arrivava internet con la password. Questo mi stupiva, in un luogo ai margini, isolato. Con 25 Lei mangiai, nulla di eccezionale, e dormii.
L’indomani, bistra,bistra (veloce, veloce) ripresi l’auto nel tentativo di raggiungere Budapest.
Quando attraversai la frontiera, dopo diverse ore, ebbi ancora più forte quella sensazione di liberazione. Al ritorno in Italia e consultando la cartina avevo fatto oltre 4 mila chilometri in auto, andata e ritorno incluso.
Lungo l’autostrada occidentale verso Budapest, ad un area di servizio fui fermato, ebbi una discussione con quello che sembrava una pattuglia di agenti o esattori. Non avevo la Vignette ungherese, pertanto mi comminavano una multa di cinquanta euro e qualcosa.
Successivamente raggiunsi Budapest ed ebbi un serio conflitto col navigatore, mi fece ripetere la strada più volte, infine quello che doveva essere un ostello era veramente penoso, con l’indirizzo errato di una ventina metri, purtroppo quando si è stanchi è terribile.
In questo ostello vi erano personaggi singolari, tipo un orientale, un paio di inglesi e qualcuno del nord europa, putroppo ero esausto. Quasi tutti dormivano in un unica camera con servizi comuni, io ero il privilegiato perchè avevo stanza e letto tutto per me, ad un costo maggiore dell’appartamento pieno di confort che avevo prima nella stessa città. Questo significa che l’equazione soldi e comodità non è vera, sempre. Ritirai gli esami, nulla di significante, poi ripartii per l’Italia.

Non avevo alcuna nostalgia dell’italia, solo alcune cose neccessarie da sistemare. Mi chiedevo spesso e ancora me lo chiedo, ogni posto che visito, se sia il posto dove possa abitare. In questa ricerca,viaggiare, avere le valigie pronte, 
Mi hanno detto spesso "Qui non hai idea del paese corrotto...." , sospiro, poi chiedo "ma è vero che gli Italiani hanno inventato la parola Mafia e il concetto ? Basta aprire la porta di casa! Guardati intorno..." Immagino che ci sarà un po' di corruzione in qualsiasi luogo, ma sono stanco di aprire quella porta e immaginare che anche nell'angolo, qualsiasi cosa debba aver ottenuto favori.
 Sarò uno straniero in ogni luogo, se sapete cosa voglia dire, ma almeno mettiamo una parola fine.



 E' stato un anno interessante, pieno di sconvolgimenti nel mondo come personali, tutti vorrebbero avere il diritto, l'onere, la pubblicità dell'ultimo discorso d'anno, almeno a quanto si racconta nelle cronache del bel paese.Purtroppo i veri bilanci, una sequenza inaudita di chiusure di aziende e conseguenze per migliaia di persone, in quel paese. La mia ammirazione è per quelli che restano, resistono e le loro motivazioni, che sono indubbiamente rispettabili.Buon 2014